Questo libro è un tributo d’amore all’arte dell’incisione. Esso non vuole essere, dichiaratamente, un manuale scientifico a uso del collezionista o dell’addetto ai lavori - impresa già assolta da altri - e neppure un testo storiografico; né, tantomeno, un ennesimo manifesto di estetica, anche se qualche giudizio in materia lo spende. Insomma, niente ambizioni accademiche o speculative. Piuttosto, e più semplicemente, va letto come una sorta di pubblica confessione, come una «riflessione parlata» (senza sponde cronologiche né strettoie tematiche precostituite), poi affidata alla scrittura, nell’ambito di una passione che i due autori hanno scoperto essere comune. Più che un ragionamento, dunque, si tratta di un trascinamento volontariamente privo di difese, volutamente breve e sintetico.
Nei loro amabili «soliloqui a due voci», gli autori hanno impegnato ore e ore del loro tempo libero, trascorso a giocare con le immagini, ad aprire cassetti, scatole e cartelle passando -con la disinvoltura concessa solo ai dilettanti - dal foglio senza valore venale al preziosissimo capolavoro.
Ne è nato il libro che avete fra le mani, un’opera da salotto - da servire con il tè, diremmo - che tocca il particolare e l’universale ma, soprattutto, concilia due attitudini: da un lato, il pigro disordine di un collezionista di stampe, onnivoro e asistematico, che qui fa il punto di decenni di acquisizioni e di osservazioni (esperienza è forse una parola troppo impegnativa?), scoprendo qualche...